Hate Speech. Odio in rete e libertà di manifestazione del pensiero

Hate Speech. Odio in rete e libertà di manifestazione del pensiero
Studio Legale Pipitone

I limiti della libertà di espressione del pensiero

Libertà di espressione o totale irriverenza verbale?

L’art 21 della Costituzione riconosce quale diritto fondamentale e inviolabile la libertà di manifestazione del pensiero e garantisce il suo esercizio attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione.
La tutela della libera manifestazione del pensiero non riguarda soltanto il profilo della divulgazione delle proprie opinioni, ma include anche il diritto alla informazione e alla critica.
Davvero possiamo ritenerci autorizzati a dire tutto quello che vogliamo e che pensiamo sul web e sui social media?

La risposta è negativa.
La libertà di espressione del pensiero non deve, in alcun modo, sfociare in sfoghi ostili, discriminatori e basati sull’intolleranza.
Purtroppo, nell’era di internet e dei “leoni da tastiera” questo è quello che accade sempre più frequentemente, minando i valori fondamentali della società.

Bisogna prestare attenzione.
È sbagliato pensare che non esistano responsabilità connesse alle parole postate sul web.
Uno sfogo su internet può costare molto caro.

COSA È L’HATE SPEECH?

Lo hate speech – in italiano “discorsi d’odio”– consiste in una specifica forma di comunicazione che si estrinseca mediante ingiuriose modalità di manifestazione del pensiero. Diffuse e reiterate attraverso Internet, tali forme espressive hanno l’effetto di:

  • alimentare i pregiudizi;
  • diffondere e consolidare gli stereotipi;
  • rafforzare l’ostilità di taluni gruppi di persone nei confronti di altri gruppi con diverse caratteristiche. In genere le vittime sono i gruppi minoritari. Ma stiamo assistendo oggi ad un fenomeno di segno inverso.

QUALI FORME DI TUTELA RICONOSCE L’ORDINAMENTO?

Il fenomeno dell’hate speech è aumentato negli anni in modo esponenziale.
Sebbene non esista ancora una norma specifica sul tema, l’hate speech può integrare diversi reati in Italia.

In attesa di una normazione specifica, sulla quale sta lavorando l’UE, il fenomeno dell’hate speech, quando lede la reputazione e l’onore della persona, configura il reato di diffamazione, punito in Italia dall’art. 595 del Codice Penale con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
Qualora la diffamazione abbia ad oggetto un fatto determinato, si applica una specifica aggravante, che porta la pena della reclusione fino a due anni di carcere.
Ma attenti, se l’offesa è recata con il mezzo della stampa o con qualiasi altro mezzo di pubblicità, come per i siti web o i social, allora, la pena è della reclusione da 6 mesi a 3 anni.

Più grave del semplice odio online è il reato di minaccia, punito ex art 612 c.p. con la multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è aggravata la pena è più severa, prevedendo la reclusione fino a un anno. Questo anche se la minaccia avviene attraverso un qualsiasi canale digitale.

Comportamenti opprimenti e continuativi come telefonate, sms, e-mail, commenti sui social network o lettere possono invece essere ricondotte nel reato di stalking, punito dalla legge italiana all’art. 612 bis del Codice Penale, con pene dai sei mesi a cinque anni di reclusione.
Infine, condotte quali delle semplici molestie sono comunque punite dall’art. 660 del Codice Penale, con l’arresto fino a sei mesi o con una multa fino a 516 euro.

Conclusioni

Il web, pur essendo strumenti di conoscenza e dibatito, può trasformarsi con estrema facilità in una trappola di pericoli, se non utilizzato responsabilmente.
Libertà di manifestazione di pensiero non equivale infatti a libertà di denigrazione, seppure talvolta il confine tra le due sia sottile.

Bisogna tenere ben presente che anche la realtà virtuale è una dimensione effettiva e, in quanto tale, è possibile incorrere in forme di responsabilità penale. Ciascuna azione può ingenerare conseguenze giuridiche ed incidere sulla vita personale e privata delle altre persone.
In che modo è possibile contribuire al ridimensionamento di questo fenomeno? È fondamentale educare e sensibilizzare gli utenti al rispetto, alla dignitià, alla diversità ed al dialogo costruttivo improntato alla cultura dei valori universali.

L’hate speech si combatte soltanto con la consapevolezza.

articolo redatto da Elena Stracquadaini
(studente Dipartimento di Giurisprudenza di Catania)