
30.11.2020
È di oggi la notizia per la quale la Procura di Roma avrebbe aperto un fascicolo sull’uso della scorta assegnata al Premier in carica da parte della sua compagna.
In Italia il Presidente del Consiglio dei Ministri è sottoposto ad uno dei gradi più alti di protezione e tutela, anche da parte dei servizi, AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna).
I fatti al vaglio della magistratura è l’uso improprio (a fini privati) della scorta in favore della compagna del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. L’ipotesi di reato è il delitto di peculato.
Il reato, previsto in Italia dall’art. 314 c.p., punisce con la pena della reclusione (da 4 fino a 10 anni e 6 mesi), il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui (rectius di pubblica proprietà), se ne appropria.
La norma è stata introdotta per tutelare il bene giuridico del regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione, (art. 97 Cost.), ma anche, e soprattutto, per proteggere gli interessi patrimoniali della P.A. (è un reato cd. plurioffensivo).
Per semplificarne la comprensione: è una particolare forma di appropriazione indebita, commessa da parte del pubblico funzionario.
L’applicazione più comune della norma riguarda la censurabile prassi del pubblico agente che fa uso dell’autovettura di servizio per finalità attinenti alla vita privata.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo un orientamento più severo, ha ritenuto che questa condotta integra gli estremi dell’elemento oggettivo del reato di peculato, di cui al primo comma dell’art. 314 c.p. e già non quello di cd. peculato d’uso (art. 314, 2 comma, c.p.)[1], tenuto conto dell’assoluta cogenza del divieto di distrazione dei beni a uso pubblico dalla loro destinazione, in assenza di provvedimenti che consentano puntuali e documentate deroghe a tale impiego [2].
Tuttavia, ad un’attenta lettura delle più recenti pronunce della Suprema Corte, ai fini della configurabilità del peculato (di cui al richiamato primo comma) si richiede che l’uso improprio di un “bene pubblico”, come l’autovettura, debba presentare i caratteri della continuatività e sistematicità.
Ne deriva che nelle ipotesi di uso meramente episodico ed occasionale, la condotta dovrà essere interpretata e sussunta nell’alveo del delitto di cd. peculato d’uso, di cui al secondo comma dell’art. 314 c.p..
Questa seconda previsione non costituisce “attenuante” alla più grave forma di peculato di cui al primo comma, bensì delitto autonomo, che si verifica ove il reato proprio venga commesso al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, restituendola immediatamente.
È appena il caso di specificare che, ai fini della punibilità della condotta, è indispensabile che l’autore materiale abbia agito con il dolo specifico di usare solo temporaneamente la cosa sottratta. Senza cioè la volontà di appropriarsene.
In aggiunta a quanto sopra, ai fini dell’accertamento della responsabilità penale, deve sempre essere passato al vaglio un ulteriore requisito: la condotta abusiva integra il reato solo quando è idonea a ledere la funzionalità della pubblica amministrazione, ovvero quando ha causato un danno patrimoniale apprezzabile. In difetto, il reato di peculato d’uso non può considerarsi integrato per la carenza di una concreta offensività al bene giuridico protetto dalla norma.
Con le brevi premesse descritte, ove venga confermato quanto rappresentato dai quotidiani, a prescindere dall’interesse mediatico della vicenda e dagli appetiti giornalistici, è ragionevole ritenere che i fatti rimangano al di fuori della soglia di rilevanza penale.
I doveri degli uomini di scorta sono noti a tutti. Come è facile intuire, quando si tratta di un Primo Ministro la soglia di attenzione è molto più alta.
Secondo le ricostruzioni giornalistiche, al momento dei fatti, il Premier pare si trovasse all’interno dell’appartamento della compagna.
Con queste premesse, considerato il ruolo rivestito dalla donna, l’attualità di un’aggressione (verbale o meno) nelle vicinanze dell’appartamento dove si trovava il Primo Ministro e la conseguente confusione ingenerata, sotto il profilo della percezione soggettiva avuta dagli uomini della scorta, è un fatto che oltre ogni ragionevole dubbio sembra legittimare l’intervento del servizio di protezione preposto alla tutela dell’integrità psico-fisica del Premier e dei propri congiunti.